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Ubaldo nacque intorno al 1085, da Giuliana e Rovaldo Baldassini, esponente di una ricca e nobile famiglia eugubina. Rimasto orfano fin dalla tenera età, fu seguito da un suo zio che progettò nozze adeguate al suo rango. Ma Ubaldo rinunciò hai suoi beni e scelse la vita sacerdotale nella canonica di San Mariano per condurre una vita comune di preghiera e di carità verso i più poveri.
Ordinato sacerdote intorno al 1114, Ubaldo fu nominato nel 1117 priore della canonica che in quegli anni moralmente vacillava. Ne divenne riformatore coraggioso introducendo la regola dei Canonici Ravennati.
Rifiutò nel 1126 la nomina a Vescovo di Perugia e nel 1129 fu a capo di una piccola delegazione per recarsi a Roma. Ad Onorio II chiese un intervento autoritario a Gubbio, perché dopo la morte del Vescovo Stefano, gli organi ecclesiali e civili preposti alla designazione del suo successore non riuscivano ad individuare l'ecclesiastico da proporre a Sua Santità. Ma Onorio II scelse proprio lui, Ubaldo; non prese in considerazione i motivi che egli adduceva per tirarsi ancora una volta da parte; volle personalmente ordinarlo. Da allora Ubaldo, come scriverà il suo primo biografo Giordano, prese a reggere la Chiesa Eugubina felicemente nei secoli.
Tra le mille difficoltà procurategli soprattutto dalla sua mitezza, il nuovo Vescovo gradualmente diventò il punto di riferimento per tutta la comunità eugubina. Nel contesto di un grandioso movimento teso in tutta Europa a riportare la Chiesa alla forma di vita apostolica che ne aveva caratterizzato le origini, mite e decisa, generosa ed equilibrata, la sua azione pastorale mirò innanzitutto al quotidiano e affettuoso incontro con la gente; si propose, anche esponendosi a pericoli personali, di ridurre le violente tensioni sociali scoppiate tra i vecchi feudatari del contado e gli emergenti ceti cittadini.
Quando un disastroso incendio distrusse Gubbio, fu lui che ne promosse la ricostruzione, e così nacque la "città di pietra". Quando una potente coalizione di città sembrò doverne segnare la fine, fu lui a prendere in mano la situazione: fece pentire i propri cittadini dei propri peccati in una processione che percorse tutta la città; poi li portò alla vittoria contro gli assedianti che si dettero ad una precipitosa fuga. Quando, nell'estate 1155, Federico Barbarossa piantò il campo in vista della città, deciso a distruggere Gubbio come poche settimane prima aveva fatto con Spoleto, i varones dell’Imperatore, sbigottiti, lo videro chiedere la benedizione a Ubaldo, a testa bassa. Ubaldo lo aveva conquistato con la Sua evangelica umiltà.
Poi un malattia dolorosissima lo costrinse a letto per lungo tempo, senza che per questo egli venisse meno ad uno solo degli obblighi del suo ministero episcopale.
Il 16 maggio 1160, lunedì di Pentecoste, Ubaldo lasciò la vita terrena, tra il pianto inconsolabile degli eugubini. La sua salma venne esposta in Cattedrale; accorse una folla strabocchevole, al punto che per quattro giorni non fu possibile avvicinarsi per dare inizio al rito funebre; venivano da tutte le contrade che gravitavano su Gubbio; vennero anche da lontano, con la speranza di vedere, di toccare, di venerare quel sacro corpo che manteneva eccezionale candore e luminosità, al punto che in Lui si intravedeva in anticipo, in qualche modo, il trionfo della futura risurrezione.
Quando infine la salma di Ubaldo, al quinto giorno, venne sollevata in alto per essere deposta in un sarcofago accanto alla tomba dei Santi Martiri Mariano e Giacomo, si levò dalla gente un unico e appassionato singhiozzo.
Per un anno intero si protrassero le manifestazioni di straordinaria devozione e molti Eugubini fecero pace con chi avevano violentemente odiato; si verificò un'insolita generosità verso i poveri; ininterrotti i pellegrinaggi della gente che portava "ceri" accesi di giorno e di notte. Sul cielo di Gubbio un'unica invocazione sembrava aleggiare, e unire tutti gli Eugubini: S. Ubaldo, proteggi questa città, difendi la tua Chiesa!
Tutta la popolazione lo venerò subito come Santo e Papa Celestino III Lo canonizzò con apposita bolla, data dal Laterano il 5 marzo 1192.
L'11 settembre 1194 il corpo di S. Ubaldo venne traslato sul Monte Ingino. Fu il Vescovo Bentivoglio ad assumere questa decisione. Pare che ragioni di sicurezza consigliassero di collocare le amatissime spoglie all'ombra delle munite rocche del Monte Ingino. Quando si seppe in giro la decisione del Vescovo, fu festa per tutti. La leggenda che, come sempre, abbellisce giornate del genere, racconta che in sogno S. Ubaldo chiese al suo successore di indire un digiuno cittadino di tre giorni e, subito dopo, porre il suo corpo su di un carro trainato da buoi, liberi di muoversi. Il luogo dove si sarebbe fermato il carro, quello sarebbe stato prescelto dalla Provvidenza. Così fu fatto. I giovenchi imboccarono la via che portava al monte e si fermarono presso la Pieve di San Gervasio, poco distante dalle rocche. Fu costruita, per l’occasione, una piccola chiesa che accolse le spoglie del Santo. Soltanto ai primi del ‘500 la chiesa fu ampliata dai Canonici Regolari Lateranensi che si presero cura delle sacre spoglie.
Il culto di S. Ubaldo si diffuse per i suoi miracoli ovunque in particolare nell’Italia centrale (Marche, Toscana). Nello stesso periodo di tempo, in Alsazia, fu edificata una piccola chiesa per custodire una reliquia di S. Ubaldo. La leggenda narra che il servitore di S. Ubaldo, alsaziano, nello sfilare l’anello episcopale, prima di essere posto il sacro corpo nella tomba, si staccò un frammento cutaneo del dito del Santo. Dopo qualche giorno lasciò la città per ritornare nel luogo di nascita. In prossimità di una pineta si fermò per trascorrere la notte. La mattina successiva cercò di estrarre il bastone che aveva infilato nel terreno ma il bastone non si staccò. In quel punto gli abitanti del luogo costruirono una piccola chiesa per custodire la reliquia. Nel ‘300 quando si ampliò la città di Thann, fu edificata la più grande cattedrale alsaziana. A distanza di secoli il culto di Saint Thiébaut (S. Ubaldo) ancora è molto vivo tra la popolazione. Il 30 giugno, in Suo onore vengono bruciati tre sapins (tre pini).

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